Greta Gysin

Consiglio Nazionale: Candidata n. 06 – Lista 12
Professione: Politologa e sindacalista
Data di nascita: 06.10.1983
Luogo di residenza: Zurigo

 

Congedo parentale

Da quasi un quarto di secolo in Svizzera è in vigore la Legge sulla parità dei sessi. A dispetto di ciò, la strada per raggiungere la parità effettiva tra donne e uomini rimane ancora lunga. Uno dei passi necessari perché questo cambi è che gli uomini, i padri in particolare, possano interpretare e vivere diversamente il proprio ruolo. Servono strutture a sostegno delle giovani famiglie e una maggiore protezione del lavoro a tempo parziale, soprattutto per quanto riguarda la previdenza professionale. Bisogna poi che il congedo maternità, con le sue misere 14 settimane, venga sostituito con un congedo paternale al passo coi tempi. La Svizzera in questo ambito è fanalino di coda in Europa, uno scandalo per uno degli Stati più ricchi al mondo. In quest’ottica l’iniziativa per un congedo paternità di quattro settimane gode del mio pieno sostegno, come primo passo nella giusta direzione.

Riforma AVS e innalzamento dell’età pensionabile delle donne

È inaccettabile che si parli di parità solo quando si tratta di peggiorare le condizioni delle donne: l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne potrà essere discusso solo quando avremo raggiunto l’effettiva parità tra i generi. Oltre a ciò, bisogna considerare che a partire dai 55 anni è molto difficile trovare lavoro. Senza misure a sostegno dell’occupazione dei lavoratori over 50, è quindi deleterio anche solo pensare di rivedere al rialzo l’età pensionabile.
Chiaro è che i tassi d’interessi praticamente a zero e l’aumento della speranza di vita rappresentano una grande sfida per il sistema pensionistico svizzero. Per forza di cose bisognerà quindi rivedere al rialzo i contributi soprattutto per il secondo pilastro. Sarebbe l’occasione per livellare i contributi nelle diverse fasce d’età, mitigando lo svantaggio contributivo dei lavoratori over 45, dato dai costi maggiori per il datore di lavoro.

Quote di genere

A cinquant’anni dall’introduzione del diritto di voto alle donne, a quaranta dalla Legge sulle pari opportunità e quasi a 25 dalla Legge sulla parità dei sessi, non siamo ancora arrivati lontano. Le donne sono ancora praticamente ovunque sottorappresentate, le discriminazioni salariali sono ancora una realtà, il sessismo e la discriminazione di genere all’ordine del giorno. Se andiamo avanti a questa velocità, ci vorranno altri due secoli per raggiungere la parità. Un fatto che grida vendetta al cielo. Per questo, anche se a livello teorico non sono una grande sostenitrice delle quote di genere, sono convinta che siano necessarie nella pratica. Nei consessi politici, nell’economia, nell’amministrazione: servono quote per aumentare in tempi brevi la presenza femminile. Solo così potremo risolvere in tempi consoni i problemi che tipicamente affliggono le donne.

Equità dell’imposizione delle coppie e delle famiglie

L’attuale sistema fiscale, in cui le coppie sposate non vengono tassate individualmente, non è equo. In alcuni Cantoni vengono favorite le coppie sposate, in altri quelle che vivono in concubinato. Non c’è motivo razionale e oggettivo per cui lo Stato debba favorire una forma di convivenza rispetto all’altra. La soluzione più semplice per risolvere queste discriminazioni, sarebbe di passare alla tassazione individuale, che permetterebbe di avere parità rispetto allo stato civile. Questo sistema favorirebbe inoltre il coniuge, o il partner, che percepisce il secondo reddito, incoraggiando le donne a non abbandonare del tutto l’attività lavorativa al momento della nascita dei figli Questo avrebbe il vantaggio di aumentare l’indipendenza finanziaria delle donne, ma anche sul lungo termine di ridurre la problematica della povertà delle donne in pensione.

 

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