«Noi donne, una maggioranza senza potere» Ora il femminismo diventa un soggetto politico

Monica Ricci Sargentini

Le donne in Italia sono il 51,3% della popolazione, eppure il loro potere è ridotto al minimo. Sui giornali le firme delle editorialiste si contano sulla punta delle dita anche se il numero delle assunte è cospicuo. Per non parlare delle presenze nei dibattiti televisivi. La politica ormai si coniuga solo al maschile, soprattutto a sinistra. Le donne sono sparite, messe in un angolo a guardare. E lo stesso accade nel mondo del lavoro dove sono sommerse da una scansione dei tempi rigidamente maschile ben rappresentata dalle riunioni interminabili cui partecipano.

Come uscire dall’angolo? Se lo sono chieste diverse femministe in un’affollata e molto sentita assemblea sabato scorso alla Casa Internazionale delle Donne di Roma. «La civiltà è nella mani delle donne. Oggi più che mai: facciamoci avanti» il titolo dell’incontro che si propone di «ragionare della miseria di una politica sempre più misogina».

«Abbiamo un’enorme potenza ma non abbiamo governo — dice Alessandra Bocchetti, una delle figure fondanti del femminismo italiano —. C’è ancora chi vorrebbe convincerci che siamo aggiuntive, non indispensabili, non capaci. Siamo stufe di essere trattate come una minoranza quando siamo la maggioranza».

Il patriarcato
L’idea è di cogliere lo slancio del movimento MeToo per buttarsi alle spalle l’icona della donna vittima e rilanciare la differenza femminile che può portare a un cambiamento in senso positivo della società. «Tutto quello che era femminista — dice Daniela Dioguardi dell’Udi — è stato masticato dal patriarcato e ci è tornato contro. L’affido condiviso, per esempio, è nato dal nostro desiderio di condividere la genitorialità ed è stato tramutato da Pillon in un’arma contro le madri. Con lo slogan “né puttane né madonne” non intendevamo certo rendere la prostituzione un lavoro né abbiamo mai pensato all’autodeterminazione come a un commercio di pezzi di corpo femminile».

«Gli uomini non sono consapevoli della differenza — dice la presidente di Arcilesbica Cristina Gramolini — pensano che essere uomo e essere donna sia la stessa cosa. I maschi trovano nella prostituzione soddisfazione, tutto il sesso è buon sesso».

Le giovani
Nella sala Carla Lonzi parlano anche le nuove generazioni. Martina Caselli, palermitana, 29 anni, dei collettivi Dipende da noi donne, detta l’agenda delle questioni: «Siamo contro la tratta e la prostituzione, contro la mercificazione del corpo, contro le mistificazioni queer, è difficile chiamarsi femministe se si pensa che le donne non esistano». Arianna di Vitto, romana, 30 anni, del gruppo RadFem Italia, denuncia l’occupazione maschile in Non Una di Meno: «È come se il patriarcato si fosse camuffato da femminista» dice.

Per contare
Tutte chiedono azione da tradursi nella nascita di un nuovo soggetto politico con forme e dispositivi ancora da stabilire. Il tempo stringe e c’è chi pensa alle europee come Roberta Gasparetti della Rete delle donne per la rivoluzione gentile: «Parliamo alla maggioranza delle italiane, possiamo contare». «Nominiamo la differenza, proponiamo un nuovo patto» dice Gramolini. «Sfidiamo il politicamente corretto e cominciamo a dire la verità su come sono organizzati i luoghi di lavoro, sulle politiche del biomercato. — è la proposta di Marina Terragni che ha appena pubblicato il libro Gli uomini ci rubano tutto —È il salto quantico che produrrebbe la rivolta come la intendeva Carla Lonzi, cioè del tutto incruenta, per riportare nel giusto ordine, a camminare sulle proprie gambe e nel suo originario stato di armonia e di quiete, tutto ciò che è stato rovesciato e che non cammina più».

In Europa
Una nuova prospettiva che viene abbracciata anche in altri Paesi europei tanto che lo scorso 30 novembre a Bruxelles è nato Fun Europe, acronimo per Feminists United Network Europe, il cui slogan è «Europe needs Feminism» (l’Europa ha bisogno di femminismo). A farne parte femministe di organizzazioni non governative e di partiti politici. I Paesi rappresentati sono al momento Svezia, Danimarca, Germania, Romania, Polonia, Spagna e Italia. L’obiettivo del network è offrirsi supporto reciproco partecipando ad azioni congiunte e formare una piattaforma politica comune per le prossime elezioni europee. Liv Dali di Feminist Initiative Danimarca ha dichiarato: «Oggi abbiamo scritto un pezzo di storia. Abbiamo creato Feminist United Network Europa. Il femminismo non conosce confini, e insieme uniremo le nostre forze e svilupperemo l’Agenda Femminista Europea!».