La maternità è politica

Federica Gentile (Photo by Laura Fuhrman on Unsplash)

In mezzo a questa valle di lacrime che sono gli Usa nell’anno 2018, a volte c’è qualche occasione di gioia. Per la prima volta, almeno nel partito democratico, i candidati alle elezioni di midterm di Novembre sono più persone appartenenti a minoranze etniche e donne che uomini bianchi. E molte di queste donne sono madri.

Soprattutto nel passato, le candidate donne e madri – come osservano al NY Times – venivano viste con un certo scetticismo, e non necessariamente prese sul serio, dando per scontato che comunque il loro ruolo di madri venisse prima di quello politico. Di conseguenza, si tendeva a lasciare i bambini e le bambine in disparte e a non evidenziare troppo la propria esperienza come madri.

Notare che è più facile che ad un candidato padre venga chiesto se ha cadaveri nascosti in cantina prima che gli venga chiesto “chi si occupa dei bambini se tu sei impegnato in politica?”

Ma comunque, nel 2018, le cose sono cambiate. E non in peggio, per una volta. Molte candidate evidenziano la loro identità di madri, coinvolgendo i propri figli e figlie nella campagne elettorali. Zephyr Teachout, candidata alle primarie per procuratrice generale a New York e incinta, appare in uno spot elettorale mentre fa un’ecografia, e parla del futuro dei nostri figli e figlie.

L’incremento delle candidate donne ha quindi portato ad una maggiore visibilità della maternità in politica ed ad una maggiore politicizzazione della maternità: molte candidate sono madri che lavorano anche fuori casa, che hanno figli, e che vedono la maternità da un lato come opportunità di empowerment personale e dall’altro come spinta per impegnarsi nella giustizia sociale.

A livello di attivismo, ci sono diverse organizzazioni che usano strategicamente il proprio ruolo di madri: negli USA le Moms Demand Action for Gun Sense si mobilitano contro la violenza da armi da fuoco, in Argentina le Madri di Plaza de Mayo da decenni usano il loro ruolo di madri per richiedere giustizia per i propri figli e figlie desaparecidos.

Solitamente si tende a sottolineare – anche giustamente – gli aspetti punitivi della maternità. D’altra parte in Italia il 30% delle madri che lavorano sono mobbizzate, e quasi una donna su tre lascia delle donne lascia il lavoro dopo aver avuto un figlio/a. Le madri che stanno a casa poi sono spesso dipinte come delle gran sfigate. E devo aggiungere che storicamente un po’ il femminismo è stato complice in questo meccanismo, legando a doppio filo l’emancipazione delle donne al lavorare fuori casa.

Non solo: il maggiore carico di cura di cui le donne, in Italia e nel mondo sono responsabili, non rende certo facile avere tempo libero per fare la rivoluzione. Allo stato attuale delle cose, sembra che le donne debbano caricarsi di una fatica notevole ed iniqua per conciliare famiglia e lavoro, e che sia finita qui.

Infine, a livello di strategia elettorale la maternità funziona: è più facile per molte elettrici che sono anche madri identificarsi con una candidata che parla delle stesse difficoltà che si incontrano nella vita quotidiana. Il 70% delle madri di figli under 18 negli USA lavorano e si trovano a farlo senza congedo parentale pagato e con servizi all’infanzia virtualmente tutti privati e mediamente costosi.

Bisogna però sottolineare che spesso le candidate che non hanno figli (per scelta o per altre ragioni) si sentono chiedere perché non hanno (ancora) figli, rinforzando l’idea che sia centrale ed essenziale per una donna riprodursi.

La maternità o la non maternità, che lo si voglia o meno, rimangono centrali nella vita di molte donne. Si deve lavorare perché una donna non venga giudicata bene o male per le proprie scelte in materia di riproduzione, ma si deve anche partire dal fatto che per tante donne la maternità è un’esperienza centrale e dominante nella propria vita. Penso che si debba promuovere un’idea della maternità (e della genitorialità in generale) che vada oltre la dimensione privata e familiare, ma che diventi un’occasione per essere parte attiva di un cambiamento sociale. Non solo per il bene dei propri figli e figlie, ma per il bene della società.

La famosa frase “”The hand that rocks the cradle is the hand that rules the world” (“La mano che fa dondolare la culla è la mano che governa il mondo”) per quanto sia fonte di ispirazione dipinge un ideale lontano mille mila anni dalla realtà di molte madri.

Fonte: ladynomics.it